La “primadonna” di Generali. L’Allegoria della Previdenza di Ivan Rendić
27 Marzo 2021
«Espone il Sig. S.[egretario] G.[enerale] (Giuseppe Besso, n.d.r.) che lo scultore Rendić è autore del bozzetto di un gruppo per lo scalone del nuovo ufficio [palazzo Geiringer, n.d.r.]». Linguaggio asciutto e conciso, che lascia poco spazio a valutazioni di carattere estetico, come si confà a una riunione di lavoro, e soprattutto a pochi mesi dell’inaugurazione della prima sede storica di Generali, non c’è tempo per i dettagli: contano il risultato e lo sforzo economico. Durante la seduta direttoriale del 31 maggio 1886 si parla di costi, «f[iorini] 7000, 6000» per un gruppo scultoreo realizzato in due blocchi, «il basamento e le statue», o di «f[iorini] 4000 facendo il gruppo in pietra di Medolino anziché in marmo». Prevale però l’idea di averlo tutto in marmo procurando di ridurre le pretese dello scultore (secondo una recente indagine si tratterebbe in effetti di un unico blocco di marmo non levigato). A questo riguardo interviene anche Besso, quasi a difendere l’opera e il suo autore, informando che il progetto aveva ricevuto il plauso di uno stimato professionista viennese, il «celebre professor Meyer», giudicandolo «degno di lode e pregevolissimo».
Circa due settimane dopo, l’architetto incaricato dei lavori di edificazione del palazzo direzionale di Generali a Trieste, Eugenio Geiringer, chiamato dalla Direzione a riferire sullo stato avanzamento lavori, comunica i giustificativi di spesa dello scultore e la volontà dello stesso di onorare l’impegno a un prezzo inferiore.
Queste le uniche informazioni che l’Archivio storico conserva sull’opera commissionata allo spalatino Ivan Rendić. Nulla di più sulla scelta dell’artista, dei materiali o del soggetto da rappresentare.
La scelta dello scultore potrebbe essere motivata dal fatto che Rendić godeva all’epoca di una certa notorietà a Trieste e nel litorale dalmato (dove realizzò diversi monumenti pubblici e privati), tanto che a coronamento di una serie di iniziative organizzate a ricordo dei cinquecento anni trascorsi dalla dedizione del capoluogo giuliano alla casa d’Austria, gli venne commissionata da un comitato di cittadini di Trieste una scultura celebrativa da collocarsi nella piazza antistante la stazione ferroviaria.
Una donna in foggia marziale nell’atto di calpestare un drago, munita di scudo a difesa di una giovinetta, poggia la mano destra su una cassaforte, sulla quale giace una spada pronta all’uso. Espressione ieratica, sicura ma pacata, in un atteggiamento quasi materno, dove la maternità, con il suo carico di amorevole protezione, diventa metafora dell’attività assicurativa. Il gruppo scultoreo rappresenta l’allegoria dell’assicurazione o della previdenza, o semplicemente di Generali.
Una presenza rassicurante che fa bella mostra di sé nell’attuale salone delle assemblee (fino al 1966 scalone d’onore), almeno dal 1888 (le foto più antiche conservate risalgono alla fine del 1886-1887): anno di edizione di un saggio sul palazzo a opera dello stesso Geiringer, Das neue Administrations-Gebäude der “Assicurazioni Generali”, pubblicato a Vienna appunto nel 1888, dove tra l’altro l’autore descrive l’opera come «una scultura allegorica in marmo di Carrara».
Metafora della compagnia e/o per traslato dell’attività assicurativa, da subito la scultura gode di una certa fortuna grafica: a ragione potrebbe essere considerata come il primo esempio di comunicazione visiva utilizzata dalla società. Infatti compare sui più antichi calendari murali conservati, su tariffari e opuscoli pubblicitari, e su alcuni porta polizze di Generali. Incorniciata da un elegante racemo, con sullo sfondo la lanterna di Trieste, omaggia chi forse l’ha promossa, Giuseppe Besso, nell’imponente album fotografico a lui intitolato. Fortuna grafica che le arride fino alla moderna cartellonistica di Pollione Sigon, dove compare una delle ultime volte per lasciare spazio a figure femminili più alla moda e a una grafica in linea con le nuove esigenze di mercato.